lettuccio, come suol dirsi, affetta com'era da più di tre anni di peritonite tubercolare, né valeva
a migliorare la sua condizione né le cure avute all'ospedale di Bergamo né la premura del medico locale.
Alla peritonite tubercolare si aggiunse una periostite articolare all'avambraccio destro che, ribelle ad ogni cura
e operazione di raschiature più volte ripetute all'osso cariato, s'era riconosciuta necessaria l'amputazione
della mano per l'incipiente cangrena. Sempre nella sua lunga e dolorosa malattia aveva riposto la sua speranza
nelle preghiere che rivolgeva al SS. Crocifisso, ma all'annuncio che le si sarebbe dovuto amputare la mano per
salvarle la vita, raddoppiò la sua speranza nella bontà e potenza di Gesù Cristo Crocifisso,
tenendosi sicura di essere esaudita. E fu davvero ascoltata, poiché passò la peritonite, e migliorando
un po' alla volta anche la periostite, essa ha potuto conservarsi la mano che tuttora può adoperare per i
lavori domestici e faccende di famiglia.
Belotti Pietro di fu Luigi, qui nato e domiciliato, d'anni 38, nei primi
mesi del suo servizio militare nel 1904 aveva dovuto essere ricoverato all'ospedale maggiore di Bergamo ammalato
di fortissima febbre tifoidea che in brevi giorni lo ridusse a tale stato di dovergli amministrare i sacramenti
della confessione e viatico, completamente alienato dai sensi, con la febbre che lo cuocea e con ben poca speranza
potesse arrivare alla mattina del 3 maggio di quell'anno. La madre che da giorni assisteva il figlio e vedendolo
così ridotto non poteva più sperare nei rimedi suggeriti dai medici curanti che pure avevano lasciato capire
chiaramente che al figlio erano contate le ore di vita. La madre con l'ansia nel cuore si stacca dal letto del
quasi agonizzante suo Pietro per correre a Telgate e al SS. Crocifisso, in quella sera vigilia dell'annua festa
votiva si scopriva, a pregare per il figlio. E quella notte che si credea dovesse essere l'ultima, spariva la febbre;
il medico, anzi i medici, ne constatavano la mattina del 3 maggio il grande miglioramento, dichiarando di non poter
intendere come potesse essere accaduto, e in brevi giorni si rimise in maniera di potere venire a casa i sei giorni
di licenza che gli furono accordati.
Nel 1913 Manenti Anna di qui, dei furono Luigi e Lecchi Maria, a 19 anni una sola giornata ebbe quattro volte
si copia di sbocchi di sangue da mettere in serio pericolo la sua vita; per la grande quantità di sangue
perduto più non ravvisava le persone che circondavano il letto, lucida però aveva la cognizione e
conoscendo la gravità del pericolo di sua vita, assieme alla madre e alla sorella con grande fiducia fece
ricorso al SS. Crocifisso; cessarono gli sbocchi, e completamente rimessasi, da sei anni è passata a marito.
Nel 1914 Brevi Teresa di Giacomo e Marchetti Ida, di anni 14, di questa parrocchia, colta da acutissima pleurite
era straziata da incessante tosse. Trovavasi a letto da 35 giorni e a detta del medico curante non avrebbe potuto
liberarsene che
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con estrazione dalla pleura del pus depositatovi. Impensieriti i genitori sullo stato della figlia la raccomdarono al SS. Crocifisso per
lei facendo celebrare una Messa a suo onore. Il giorno susseguente alla divozione fatta alla figlia, il medico
la trovò migliorata assai e tanto che ebbe a dichiarare che non era più necessaria l'operazione
potendo essere sufficiente un vescicante. Sentendosi completamente migliorata il giorno dopo non si riconobbe neppure
necessario il vescicante prescritto. Ora la figlia conta 22 anni, senza conseguenza veruna dalla sofferta malattia.
Il padre della suddetta, certo Brevi Giacomo di Giuseppe di anni 47 da più anni soggetto a frequenti fortissimi
dolori di capo, tanto da togliergli anche la cognizione di quanto accadeva intorno a lui, né sapendo che fare
per guarire da si fastidioso disturbo, né dai medici avendo un efficace rimedio, si è raccomandato
al SS. Crocifisso; è da tre anni che più non ebbe a sentire dolore di testa.
Nel 1915 Tenzi Arturo, di Pietro e Perini Luigia di anni tre e mezzo, ammalato di febbre tifoidea che poi era
degenerata in meningite in pochi giorni era stato ridotto quasi allo stato preagonico. Nel frattempo gli addolorati
genitori avevano intrapreso a fare una novena al SS. Crocifisso per l'amato bambino, e al termine della novena il
bambino era fuori d'ogni pericolo e in pochi giorni completamente guarito.
Nel 1918 Tenzi Pietro, di fu Anselmo di anni 38, di qui, con famiglia, operaio bottoniere, ebbe più volte abbondanti
sbocchi di sangue. Gli era stata consigliata la cura climatica, né gli furono risparmiate altre cure, ma
senza sentire vantaggi di sorta e si aveva il timore che il deperimento lo portasse ad una lenta tisi. Fece ricorso
al SS. Crocifisso facendo celebrare in suo onore una Messa e una devota novena. Da tre anni e più non ebbe altri
sbocchi di sangue e si rimise in modo da poter essere in grado di riprendere a continuare il lavoro nello stabilimento.
Nel 1920 Canfori Luigi Esposito, di anni 62, qui domiciliato fino da fanciullo, ammogliato che lavorava quale
famiglio in casa di contadini, nel mese di agosto del 1920, affetto da nefrite fu ricoverato nell'ospedale di Bergamo.
Erano già passati due mesi dacché si trovava in ospedale con tutte le cure mediche, ma la nefrite di
cui era affetto anziché scemare ed accennare a miglioramento s'acuiva sempre più, tanto che il povero
ammalato addivenuto orribilmente gonfio, aveva perduta la speranza di rivedere la sua casa ed il paese.
Si rivolse in tale situazione al SS. Crocifisso disponendo di far celebrare una Messa a Suo onore. La notte
stessa cominciò ad avere il beneficio di scaricarsi dell'acqua, scomparve in pochi giorni la nefrite ed
entro la settimana completamente ristabilito poté ritornare a casa sua, senza più sentire nessun
disturbo della patita malattia. Ora per far conoscere quanto sia grande e radicata in questo popolo la venerazione
e la fiducia in questo
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