IL CASTELLO: POTENZA E PROTEZIONE
Pur non escludendo la presenza in Telgate di antichissime opere di fortificazione o difesa, la costruzione del castello vero e proprio è da attribuirsi ai conti Gisalbertini, quale testimonianza appariscente ed eloquente della vastità dei loro possedimenti in Telgate, documentati già prima del 1100.
I Gisalbertini erano i discendenti di Gisalberto, vassallo di Berengario che nel 922 fu nominato conte di Bergamo dal re Rodolfo, salendo così alla più alta carica del regno.
Gli successe come conte il figlio Lanfranco nel 945, ottenendo anche il titolo di conte palatino. Da allora in poi gli appartenenti a questo ramo laterale gisalbertino svolsero per secoli un ruolo decisivo nella storia bergamasca, avendo reso ereditaria per la loro famiglia la contea.
Nel volgere di breve tempo i conti discendenti dell'avo Gisalberto estesero possedimenti e poteri di governo su territori assai vasti; infatti in villaggi di loro pertinenza costruirono ben 24 castelli, offrendo protezione ai sudditi e ricavandone dominio e legittima servitù.
Il castello serviva alla protezione della popolazione, infondendo sicurezza contro le minacce di eventuali invasori e, con la sua territorialità, era base di un ordinamento di precisa personalità giuridica e amministrativa.
Pure il castello di Telgate aveva questa funzione; era di notevole estensione, protetto da mura di solide pietre squadrate, cinto da fossato e dominato da parecchie torri in parte conservate: una è ancora ben visibile in via Torre, un'altra in via Arici, la più alta e la più vicina alla residenza dei signori, venne utilizzata successivamente come torre campanaria. Tali opere di fortificazione diedero origine ad alcuni toponimi locali come, appunto: via Torre, contrada della Fossa, contrada delle Mura, ecc. (cfr. catasto Lombardo-Veneto presso l'Archivio di Stato di Milano).
L'anno 1097 segnò una data e una svolta molto importante per Telgate perché fu l'anno dell'investitura dei fratelli Bonizone e Lanfranco su tutta la curtis di Telgate per l'opera di Alberto e del fratello Lanfranco IV de Martinengo, signori di Calepio e discendenti dei conti Gisalbertini, avvenuta in presenza di numerosi personaggi della nobiltà bergamasca.
Dagli storici Lupo e Ronchetti ricaviamo il documento di tale investitura feudale: «Il giorno di Venerdì presso la chiesa di san Stefano di Gerate (forse Carobbio degli Angeli) i suddetti Alberto e Lanfranco col bastone che avevano in mano diedero a
Bonizone e Lanfranco di Telgate il possesso, e l'investitura a titolo di feudo della corte di Telgate sin dove gli uomini di quella corte tagliano, e pascolano, e parimenti del castello, e di tutta la villa ossia pieve, e degli uomini appartenenti ad essa corte colla facoltà di giudicare e condannare sopra cinque sorta di delitti, cioè furto, rapina, frattura di capo, spergiuro, e adulterio. Si dichiarano sottoposte a questo feudo altre giurisdizioni circonvicine chiamate distretti, cioè quello di Arialdo prete, e di Arialdo suo figlio, quello di Giovanni Arciprete del luogo di Grumello, e de' suoi figlij, nepoti, e consanguinei, que' parimenti della chiesa di S. Stefano, della chiesa di S. Pietro del luogo di Boldescio, della canonica e della pieve di Telgate, e d'ogni affitto, decima, uso, e condizione nella stessa guisa, che possedevasi dà mentovati Alberto e Lanfranco per ragioni della Castellania ossia Signoria loro sopra il castello di Caleppio con tutte le contribuzioni dovute da codesti territorij ad essa soggetti. Tale investitura è perpetuamente fatta a favore anche de' figlij, eredi, e proeredi maschij di de' medisimi Bonizone e Lanfranco, i quali perciò sborsarono ai due fratelli di Martinengo duecento lire milanesi». (..)
La grossa somma che Lanfranco e Bonizone dovettero pagare è molto più elevata dell'interesse che solitamente era richiesto per un feudo, per cui potrebbe venire il sospetto che, dietro la facciata di un'investitura feudale, si sia concluso un contratto di acquisto che fece entrare i due in possesso di un significativo complesso di beni e di diritti.
In tale occasione i signori di Calepio non fecero investitura a Bonizone e Lanfranco della sola curtis di Telgate dipendente dal loro castello e fortificata da un castrum, ma anche della parrocchia e delle decime che le affluivano (così il Ronchetti); nel sec. XI infatti, in molti territori le decime appartenenti all'episcopato di Bergamo e Cremona in particolare, erano cadute nelle mani di potenti feudatari e castellani. L'ingerenza laica in atti parrocchiali divenne notevole e fu causa di non poche contese fra ecclesiastici e signori feudatari.
L'infeudamento del 1097 mostra chiaramente quale estensione di diritti economici, finanziari, giurisdizionali e persino ecclesiastici i conti Martinengo (di un ramo laterale dei Gisalbertini), in qualità di signori dei Castelli Calepio, avessero acquisito e concentrato intorno al castrum di Telgate, in modo che ne potesse sorgere

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