rendita beneficiale di scudi 200 e due possessioni, sempre in Telgate,
dell'Abbazia di Vall'Alta godute dal cardinale Cornaro rendevano scudi 600.
Naturalmente ai canonici incombeva pure l'obbligo di soddisfare ad alcuni e anche
rilevanti oneri di spesa.
La vita comune aveva le sue esigenze; occorreva provvedere all'assunzione e al
mantenimento del personale di servizio, alla disponibilità dei mezzi di trasporto
per raggiungere zone lontane per attività pastorali (cavalli e carri), alla
manutenzione delle strade di campagna (con ghiaia e muretti di sostegno), e
soprattutto allo scavo e relativa periodica pulitura o spurgo dei canali e
fossati per l'irrigazione dei campi di proprietà beneficiaria (i primi fossati
d'irrigazione, di cui alcuni oggi ancora esistenti in Telgate, sono frutto dell'opera
di promozione agricola intrapresa dai canonici dell'antica collegiata). Ai contadini
era permesso di far uso dell'acqua per irrigare i loro poderi, e a chi aveva fondi
vicini alle seriole, di poter piantare sulle ripe salici e altri alberi. Salva sempre
la proprietà del fossato che era dei canonici.
Sarebbe pure interessante guardare un po' da vicino
la provenienza sociale di coloro che formavano il presbiterio canonicale: nobili o ad essi legati.
Secondo l'antica disciplina il vescovo veniva nominato
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per libera elezione dal clero e dal popolo,
a sua volta il vescovo assegnava benefici e prebende alle collegiate e quindi agli arcipreti e ai
canonici, mentre gli arcipreti venivano nominati dai rettori e collegi delle chiese che
costituivano l'intera pieve.
I criteri di elezione e di nomina non sempre furono ispirati a vero rigore, anzi talvolta
venivano segnalati casi di malcontento, specie quando i sovrani e i principi iniziarono a
intromettersi nell'assegnazione delle investiture ecclesiastiche. Un concilio celebrato in
Roma nel febbraio del 1075 da papa Gregorio VII, proibì sotto pena di scomunica tale
ingerenza: «Infatti si conferivano dignità ecclesiastiche e collazione delle chiese a
chi più largamente offeriva, con che venivano bene spesso a cader le chiese in mano a
chi meno le meritava, restando neglette le persone degne» (Ronchetti).
Merita attenzione un documento del 1316 (che il Ronchetti trasmette per intero) in cui
si riferisce la nomina di un arciprete di Telgate ad opera dei preti e dei chierici
titolati delle parrocchie minori, che serve d'esempio sulle modalità di nomina dei rettori di pieve.
La circostanza fu drammatica. L'arciprete di Telgate Viviano di Mezzate era fuggito dal paese, insieme con tutti i canonici,
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