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L'inizio di un documento, tra i tanti conservati nell'archivio parrocchiale,
lungo oltre venti pagine, datato maggio 1308, che fissa privilegi e diritti
per i canonici di Telgate, inerenti prebende, rendite e decime gravanti sui benefici.
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Sulle amministrazioni delle rendite, prebende e benefici vigilava il vescovo
mediante i suoi vicedomini «i quali ne facevano quattro parti giusta la celebre
divisione di tanti canoni, ed anche costituzioni de' principi stabiliti.
Una di esse era assegnata al vescovo, per suo sostentamento, e per esercitare
l'ospitalità, che in quei tempi era lodevolissimamente in grand'uso, l'altra
da dividersi ad ogni individuo del Clero a proporzione della dignità e carico
di ciascheduno, la terza a mantenimento dei poveri, e la quarta finalmente
era impiegata per la fabbrica, riparazione, ed illuminazione de' sacri templi
e a ristorare altri edifizi alle chiese spettanti. Alle pievi e relativo clero
sembra essere stato concesso l'uso delle decime ed oblazioni coll'obbligo però
di darne fedelmente la terza o la quarta parte alla cattedrale, ossia al vescovo,
e renderne d'anno in anno esatto conto dell'amministrazione ed impiego al medesimo» (Lupo).
In un documento dell'anno 798 si legge la ragione della corretta destinazione dei beni degli ecclesiastici anche in caso di morte dei beneficiari: «Quello che era dalle ecclesiastiche rendite sopravvanzato all' onesto mantenimento degli ecclesiastici doveva essere disposto a favore della |
Chiesa e de' poveri,
giusto era che alla Chiesa medesima ritornasse, amministratori essendone eglino,
non assoluti padroni».
Tale doveva essere certamente la disciplina ecclesiastica
che regolava anche la collegiata di Telgate, che pur godendo di una certa autonomia
di gestione era legata al periodico rendiconto nei confronti dell'autorità diocesana.
L'archivio parrocchiale ancora oggi conserva molti faldoni di atti di proprietà, permute, accettazione di donazioni, cessioni, ecc., compreso un interessante rotolo di pergamena e una preziosa serie di antichi disegni mappali, a riprova della consistenza beneficiaria della chiesa di san Giovanni Battista. D'altra parte è a tutti noto come il beneficio di Telgate sia stato considerato da sempre come uno dei più vasti e ricchi della diocesi. È interessante pure notare come a Telgate, fin dai tempi antichissimi, avessero proprietà e benefici anche il patriarca di Aquileia, l'arcivescovo di Ravenna e persino il cardinale Guglielmo Longo che nel 1309 cedette per donazione al nipote Ciacopo del fu Giovanni de' Longhi ogni suo avere e possesso. Nel corso del '700 ancora un beneficio era appannaggio di un prelato residente in Roma (scudi 70), un altro del Teologo della Cattedrale e Vicario Generale (scudi 30), un Canonico della Cattedrale godeva una |
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