UNA DISPUTA DURATA SECOLI
Per noi, oggi, la ragione della contesa in descrizione, potrebbe avere un valore molto relativo, ma in passato era motivo di disputa non indifferente, perché all'antichità e alla dignità di una parrocchia erano legati privilegi che su antichi arcipreti esercitavano un certo fascino, come quello legato alla precedenza.
Nell'ambito delle valutazioni delle dignità ecclesiastiche, i Prevosti Plebani di Telgate, Ghisalba e Almenno san Salvatore avevano diritto a posti di prestigio che li collocava subito dopo i Canonici della Cattedrale e prima dei parroci di tutte le altre parrocchie della diocesi, comprese quelle di città.
Ma chi dei tre era primo, e chi ultimo? Tra il Prevosto di Almenno san Salvatore don Mauro Barbaglio e l'arciprete di Telgate era sorta questione di precedenza fin dal 1660.
Don Giuseppe Cabrini (arciprete di Telgate dal 1648 al 1681, cui succederà il nipote don Carlo) dovette accontentarsi del secondo posto, perché il card. Gregorio Barbarigo il 21 agosto 1660 decretò che all'arciprete di Telgate spettava il posto onorifico dopo quello del Prevosto Plebano di Ghisalba, per antica consuetudine, e prima di quello di Almenno san Salvatore.
La decisione del Cardinale non fu accolta con molta convinzione, e la questione continuò. Il titolo delle tre chiese forniva base e ragione del contendere. Almenno, con la chiesa intitolata al Salvatore, pretendeva su Telgate che aveva la chiesa intitolata a san Giovanni Battista e ancor più su Ghisalba con la chiesa intitolata al diacono san Lorenzo.
In verità Ghisalba aveva titoli di merito antichissimi, ottenuti da tempo immemorabile e una dignità riconosciuta in campo ecclesiastico e civile, data anche la sua collocazione sulla nuova strada da Bergamo a Brescia che sostituiva l'antica stada romana di Telgate. La questione, con l'apporto di nuove ragioni e documentazioni, fu rimessa davanti al vescovo monsignor Gritti Morlacchi, che però finì per confermare le decisioni già prese dal cardinale Barbarigo, e con suo decreto del 21 marzo 1842 lasciò nuovamente insoddisfatti gli arcipreti don Ambrogio Gualteroni di Telgate e don Giuseppe Baizini di Almenno.
Non c'è due senza tre, sembra abbiano pensato gli zelanti arcipreti, e così monsignor Camillo Guindani, cui fu rimessa nuovamente la questione, definitivamente decretò in data 11 aprile 1899 che le decisioni assunte dai suoi



Il ritratto ad olio dell'arciprete don Giuseppe Milesi.

predecessori dovessero venire rispettate, e pertanto l'arciprete di Telgate don Giuseppe Milesi e di Almenno don Angelo Teanini furono costretti a mettere il cuore in pace, almeno se ne furono capaci, e accontentarsi rispettivamente della seconda e terza sedia (così veniva detto il posto d'onore di spettanza). Finirono così le discussioni e le turbative che si verificavano ogni anno in duomo, specie in occasione della funzione di benedizione degli oli il giovedì santo, anche perché al responsabile di ulteriore disturbo o insofferenza venne minacciata una multa di 50 scudi d'oro.
Questioni d'altri tempi, certamente; oggi, con nuova mentalità ogni sedia è considerata buona, e quanto a precedenze, si fa utilmente più attenzione a quelle riguardanti la circolazione stradale che non a quelle dell'onorificenza ecclesiale.
La chiesa di Telgate ha sempre avuto il privilegio e l'obbligo di presenza in Duomo, con un suo sacerdote, alla funzione del giovedì santo per ritirare gli oli santi che avrebbe poi fornito a tutte le parrocchie della vicaria di sua competenza.
Dai tempi più remoti risulta che i parroci della vicaria confluivano in Telgate nella mattinata del sabato santo per ritirare l'olio dei catecumeni, l'olio degli infermi e il sacro crisma. A mezzogiorno l'arciprete di Telgate, in veste di vicario foraneo, aveva l'obbligo di trattenere i suoi ospiti a pranzo, e così quella diventava favorevole occasione per scambi di esperienze e rinsaldare vincoli di amicizia.
Ad esclusione del pranzo, la distribuzione degli oli santi è un privilegio che l'arciprete di Telgate mantiene tuttora.

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