L'Asperti scrisse: «La casa è posta a mezzogiorno dalla chiesa, da questa disgiunta, ma pur vicinissima. Ha un piccolo giardino nel mezzo posto a mezzogiorno della casa. Le stanze a pianterreno sono inabitabili per grande umidità. Al primo piano si trovano sei stanze che non si possono dire brutte. Vi sono poi altri sei ambienti che più che stanze si devono chiamare bugigattoli, piccole, mancanti di luce e d'aria, perchè poste a tramontana. Vi è pure su questo stesso piano un loggione che serve per riporvi i raccolti. Ha pure un secondo piano superiore ove si trovano altre sei stanze da letto, discrete e qualche altra che servono da granaio. In questo stesso piano trovasi un secondo loggione necessario per riporvi i grani.»
L'intera ristrutturazione fu compiuta dalla ditta Fratelli Alessandro e Gino Turani, su progetto dell'architetto Vito Brambilla di Ponte San Pietro.
II lavoro diede risultati più che soddisfacenti, e ne risultò un'abitazione rispondente alle varie esigenze richieste dalla sua particolare finalità.
Nel 1976 il vecchio teatrino che già in passato svolse la funzione di luogo d'incontri, di apprezzate esibizioni della gloriosa filodrammatica e sala per proiezioni cinematografiche, denunciando tutti i suoi anni e non essendo più rispondente alle nuove esigenze, subì una radicale trasformazione. Ne risultò un nuovo e più che dignitoso «auditorium» che ora è in grado di fungere razionalmente da sala della Comunità.
Quasi ancora sotto l'effetto esaltante dei risultati ottenuti col ricupero dei meravigliosi affreschi della chiesa di san Giuliano, per oltre due anni, si diede mano alla delicatissima opera di restauro delle cinque grandi tele che formano il maestoso ornamento di tutto il presbiterio.
I cinque grandi dipinti, ormai logori per gli anni e per scadenti interventi di restauro effettuati in anni lontani, si trovavano in vero cattivo stato, anzi pessimo.
Ottenuto il parere favorevole di molti parrocchiani, fu presa la decisione di salvare ad ogni costo quanto gli antenati avevano tramandato come testimonianza di fede e frutto di non pochi sacrifici. Il lavoro fu affidato al notissimo e già collaudato restauratore Sandro Allegretti di Bergamo, con l'assistenza della Sovrintendenza per i Beni Artistici e Storici di Milano. Tutto fu eseguito a regola d'arte, con risultati a dir poco entusiasmanti.
In occasione della grande solennità del Sacro Crocifisso, il 3 maggio 1978, i fedeli di Telgate hanno potuto ammirare e gustare al completo lo splendore acquistato dalla già bella chiesa con il restauro delle grandi pale dell'altare maggiore, splendore espresso in ammirazione, con autorevoli parole, anche dal vescovo Clemente Gaddi che ha onorato con la sua presenza quella solennità parrocchiale.
Un quadro in particolare, quello più antico, raffigurante il «Battesimo di Gesù», di mt. 4,36 x mt. 2,63, opera di Pietro Damini da Castelfranco, ritornò dal laboratorio del restauratore radicalmente diverso da come era stato consegnato.
La descrizione del sorprendente e meraviglioso risultato raggiunto la lasciamo a Monsignor Luigi Pagnoni, presidente del

Consiglio per l'Arte Sacra della Curia di Bergamo:
«Ora la volta del Battesimo di Gesù che si sapeva dipinto da Pietro di Castelfranco, quindi il più antico della serie. Ma a contatto immediato il quadro rivelava mende preoccupanti, come certe grossolanità nelle pennellate, una inspiegabile goffaggine in alcune figure e soprattutto un generale squilibrio compositivo. Fu subito evidente che chi ebbe nella seconda metà del 700 il compito di adattare la tela alle nuove dimensioni della cornice, ampliata in seguito alla ricostruzione della chiesa, con una presunzione al di là del credibile si era ritenuto in grado di reinventare tutto, o quasi.
Qualche prudente assaggio accertava che la sgarbata ridipintura nascondeva una realtà pittorica di prim'ordine.
Rimosse con tocco virtuoso le varie banalità del fondo l'Allegretti vide così riemergere come d'incanto la profondità misteriosa di un paesaggio boschivo percorso da acque limpide, nella cui quiete si riflettono le nubi del cielo e la figura solitaria di un bagnante, e tra il Cristo e il Battista ecco riaffiorare il volto di un bellissimo angelo accolito; e al centro su una rupe, il miracolo di un gruppo di spettatori che, nella varietà mirabile dei colori e nella armonia dei ritmi, costituisce un brano di rara valenza pittorica: sono una donna seduta con bambino al seno, un vegliardo con giubbetto rosso e un elegante giovane in raffinato viola gridellino, che accosta la testa a quella del vecchio emergente dall'ombra con bellissimo effetto. In alto, infine, nascosti dalla figura posticcia del Padre Eterno, del tutto estranea alla stesura originaria, ecco irrompere festosi sette angioletti ad annunciare l'apparizione di un alone dorato della simbolica colomba dello Spirito Santo. La stessa tazza nella destra di Giovanni il Battista, un gustoso pezzo di ceramica dipinta, era stata trasformata in una impiastricciata valva di conchiglia.
Complessivamente le figure riscoperte sono ben diciotto, inserite in un paesaggio di fiaba dai toni più preziosi e in una festa di colori e di ritmi che fanno rivivere nel quadro le smaglianti tavolozze e le profondità evocative del Tiziano, del Veronese e di Palma il Giovane. Pietro di Castelfranco non è altri infatti che Pietro Damini, forse il più dotato e promettente tra gli epigoni del glorioso Cinquecento veneto, nato a Castelfranco nel 1592, vissuto a Padova (dove, fra l'altro, nel 1625 portò a termine per la chiesa di S. Francesco il quadro dell'Ascensione iniziato dal Veronese) e morto di peste nel 1631, a soli trentanove anni. Di lui ricordiamo qui da noi anche la Vergine e Santi nel coro di S. Bartolomeo in città, a sinistra della tavola del Lotto, e la curiosa tela del Cristo placato nella chiesa parrocchiale di Cusio. Ma quella di Telgate è in assoluto tra le cose sue più belle, tra le più liricamente ispirate, un vero capolavoro inedito destinato a far parlare a lungo di sè.
Pensiamo che saranno in molti a godere dell'importante evento artistico e a congratularsi sia con l'arciprete di Telgate don Gildo Rizzi che vede largamente premiata la sua coraggiosa iniziativa,
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