Storico, artista, biologo, topografo, ingegnere, scienziato. Erudito eclettico e poliedrico del
diciassettesimo secolo, Johann Weichard Valvasor è uno dei personaggi più conosciuti e apprezzati
della tradizione culturale slovena, ben noto anche agli studiosi croati e austriaci. Tradotto,
pubblicato e celebrato all'estero è quasi sconosciuto in Italia. Ma alle soglie del 1° maggio,
data che sancisce l'ingresso di dieci nuovi paesi nell'Unione europea-, tra cui la Slovenia-,
pochi sanno che il grande Valvasor era sloveno solo a metà. Per parte di padre la sua famiglia,
italianissima di origine, era bergamasca.
Di Telgate.
L'incredibile storia ebbe inizio nel lontano 1581, quando tale Gerolamo Valvassori, intraprendente
giovane bergamasco, decise di caricare i pochi averi su un carro malandato, lasciando Telgate per
andare a cercar fortuna in Carniola, il cuore dell'odierna Slovenia. Un viaggio lungo e periglioso
per i tempi che correvano: del resto il carretto di Gerolamo non doveva essere poi così malridotto,
considerato che la sua famiglia apparteneva alla nobiltà bergamasca, possedeva un feudo e anche un
piccolo castello. Ma Gerolamo aveva ricevuto una proposta impossibile da rifiutare: lo zio Giovambattista,
che viveva in Carniola già da quarant'anni e si era arricchito con il commercio, era morto senza eredi
e lasciava beni e castelli al nipote, purché si trasferisse in Slovenia. La fortuna accumulata era
parecchia, anche perché Giovambattista era stato aiutato da un altro Valvassori, lo zio Defendente,
vescovo di Capodistria, in seguito sepolto a Telgate (la salma è ancora custodita nella parrocchiale).
Dunque, se Gerolamo in quel 1581 non avesse preso il coraggio a due mani salutando per sempre amici
e parenti, forse oggi la Slovenia non avrebbe uno dei personaggi più celebrati della sua tradizione:
cioè l'ingegnoso barone Johann Weichard Valvasor, nipote di Gerolamo, nato a Lubiana nel 1641.
L'alterazione del cognome da Valvassori in Valvasor è uno slavismo, una storpiatura per adeguare
il nome alla lingua della Carniola. Marija Stanonik, nota slavista e folclorista dell’Accademia
delle Scienze di Lubiana, nell’89 concluse un convegno su Valvasor così: « Devo constatare con
rammarico di non aver raggiunto la completezza desiderata, semplicemente per la grande abbondanza
e ricchezza delle questioni presentate da quello che possiamo chiamare il “Leonardo da Vinci sloveno”:
è lecito onorarlo con questo nome per la pluralità di problemi ai quali ha cercato di trovare risposte».
Per quanto l'affermazione possa apparire eccessiva, è innegabile che i molteplici interessi, i lavori in
ambito storico e le scoperte scientifiche di Valvasor siano sorprendenti. Ancor più strabiliante, però,
è il fatto che in Italia il suo nome sia sconosciuto ai più. Barriere culturali insormontabili?
Differenze di lingua, di tradizione? Valvasor scrisse le sue opere in tedesco, concentrando i suoi
studi sulla Carniola, il che non ne favorì certo la circolazione in Italia. Fino a oggi non esiste
una traduzione completa della sua opera più importante: «Die Ehre dess Hertzogthums Crain»
(La gloria del ducato di Carniola), una mastodontica enciclopedia ante litteram di 3.532 pagine,
corredate da 528 incisioni e 24 tavole, ripartite in 15 libri e 4 tomi. In essa Valvasor descrive
minuziosamente la Carniola, l'Istria imperiale e gli allora confini con l'Impero ottomano, che
comprendevano parte di Croazia, Marca slovena, pianura del Banato.
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