GUALA DI TELGATE, VESCOVO DI BERGAMO
Nel mese di dicembre 1167, a voti concordi, fu eletto vescovo della Chiesa di Bergamo.
Chi era Guala? Un canonico della cattedrale di Sant'Alessandro, afferma con sicurezza il Ronchetti, rifacendosi ad alcune allegazioni capitolari, non solo, perché aggiunge che nei documenti Guala di Telgate sovente è rammentato fra i canonici di Sant'Alessandro, per cui conclude: «abbiamo ragione di credere che questi fosse il nuovo Vescovo, ossia che fosse della terra di Telgate».
Anche il Bortolo Belotti precisa che il vescovo Guala, che resse mirabilmente la diocesi di Bergamo per quasi 20 anni, fu probabilmente originario di Telgate. Fu prelato di grande valore e di grande reputazione, così da aver parte nella conclusione degli accordi tra il Barbarossa, il Pontefice e i Comuni, tanto da riuscire ad avviare accordi fra i rissanti canonici bergamaschi. Morì, «vir egregius et piissimus», il 30 ottobre 1186 e fu sepolto nella chiesa di Rosate (Lorenzo Dentella, I Vescovi di Bergamo).
Alcune confusioni a suo riguardo, sorsero per L’omonìmia e la quasi contemporaneità con un altro Guala, proclamato poi Beato, esattamente il Beato Guala vescovo di Brescia, lui pure bergamasco di origine della famiglia De Roniis, nato in Bergamo intorno al 1180, sei anni prima che morisse il Guala di Telgate. Questo secondo Guala fu legato pontificio presso Federico II e presso la seconda Lega Lombarda. Morì nel 1244 in Astino e trovò solenne sepoltura nella Chiesa del Monastero. Ora i suoi resti sono conservati in un'urna argentea nel duomo di Bergamo.
La confusione fra le due persone non lasciò indenne neppure la chiesa di Telgate. In una nota dell'arciprete Angelo Asperti del 1912 si legge: «Il beato Guala Vescovo vuolsi oriundo di Telgate, e come tale è indicato in un documento ove è stabilito che nel giorno tre settembre venga celebrata una Messa a di lui onore da uno dei coadiutori che ha l'onere della Cappellania Costardi».


LANFRANCO DI TELGATE, CANONICO DELLA CATTEDRALE
Ai primi di marzo dell'anno 1179 il papa Alessandro III tenne un concilio generale nella Chiesa Lateranense per riformare la disciplina ecclesiastica, provvedere alla simonia, scomunicare gli eretici Albigesi e fissare norme opportune per la vita della Chiesa. Al concilio intervennero più di 300 arcivescovi e vescovi. Il vescovo di Bergamo Guala vi prese parte portando con sé come consiglieri due canonici di sant'Alessandro: Maestro Gherardo e Lanfranco di Telgate. Di questo canonico Lanfranco non si conosce molto, ma basta il fatto che sia stato invitato a prendere parte ad un importante concilio per dedurre che doveva essere uno dei maggiori esponenti del corpo canonicale bergamasco e che la sua preparazione teologica, coerenza di vita e le capacità intellettuali e morali lo ponevano in giusta collocazione per svolgere proficuamente il ruolo di consigliere e di esperto conciliare.






LANTELMO DEGLI ADELASI, CANONICO DELLA CATTEDRALE
Fu il quarto arciprete di Telgate, in ordine di tempo, di cui conosciamo il nome, secondo l'elenco cronologico tratto da registri d'archivio; il secondo arciprete canonico della cattedrale di Bergamo, dopo Alberto da Telgate che resse la parrocchia dal 1249 al 1279.
Lantelmo degli Adelasi, della nobile famiglia Adelasio, fu personaggio di spicco nella nostra diocesi e venne nominato arciprete di Telgate nel 1281, uomo di provato equilibrio, circondato da grande stima e ammirata venerazione. Il Capitolo della Cattedrale, fra l'altro, lo incaricò di comporre una complessa e delicata questione fra la chiesa cattedrale e Lanfranco della Crotta, persona influente allora in città e benefattore insigne avendo eretto anche un ospedale in Borgo Canale presso la chiesa di santa Maria della Carità. Inutile precisare che l'opera di mediazione ottenne i buoni effetti sperati.
In altra occasione, eletto vicario capitolare essendo vacante la sede, intervenne con somma autorità e prestigio, incaricato e delegato dal clero della città e diocesi, contro il Podestà e il consiglio di Bergamo «per alcuni statuti promulgati ripugnanti all'onore divino e all'ecclesiastica autorità. Si maneggiò in guisa che ne risultò la concordia e la pace».
Non desta quindi meraviglia se lo si trova, con Salvadeo Bergamino di Nembro e Robbacastello di Mozzo in qualità di delegato del capitolo della cattedrale, a Milano nella basilica di santa Tecla, dove Ottone Visconti, arcivescovo e signore di Milano aveva convocato un concilio provinciale, il 12 settembre 1287, per «rimettere l'ecclesiastica disciplina, che in mezzo a sì lunghe rivoluzioni era caduta in grande disordine».

DEFENDENTE VAVASSORI, VESCOVO
Nacque in Telgate dall'antichissima e nobile famiglia dei Vavassori che tennero il paese in feudo per buona parte del XIV secolo. Ai Vavassori si deve la costruzione e il dominio del castello prima che passasse in proprietà ai conti Marenzi. Data la lontananza nel tempo e la quasi nullità di documenti esistenti, ben poco si conosce delle vicende che resero illustre e potente la casata. Di monsignor Defendente Vavassori si sa che, nominato vescovo ai tempi di papa Clemente VII, esercitò il ministero a Capodistria (a quei tempi chiamata Giustinianopoli), zona allora considerata quasi di missione, ai confini del mondo cristiano, con cultura e credenze tipicamente orientali. «In partibus infidelium» è l'espressione usata dai cronisti del tempo, per indicare la zona o diocesi del nostro vescovo, e che si trattasse veramente di infedeli e increduli, con tutte le conseguenze che ciò poteva comportare, lo indica anche il fatto che ad un certo punto monsignor Vavassori fu costretto a lasciare la diocesi. «Per la durezza dei tempi» si legge in antiche relazioni, espressione che mette in evidenza il cumulo di difficoltà e forse l'impossibilità, per allora, di svolgere un benché minimo lavoro di apostolato. Il vescovo Vavassori tornò in Telgate e ottenne di reggere la parrocchia come arciprete fino all'anno 1536 (o 1555). Da lui derivò il privilegio per la chiesa di Telgate di poter esporre la mitria vescovile, durante le funzioni solenni, su un'apposita mensola accanto all'altare maggiore.
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