- L'ORTÂIA de TÜRO -

Sono tanti i nomi che definiscono il mestiere di fruttivendolo ma nell' immaginario collettivo il termine ortolano era quello che si attagliava meglio come titolo ad Alzate Isidoro, Doro o, più famigliarmente, Türo. Non erano numerosi gli ortolani che avevano all'origine della loro attività, un vasto podere tutto coltivato ad orto nel quale si poteva fare solamente coltura biologica. Il Doro aveva quest'ortàia in affitto dal beneficio parrocchiale di Telgate. Più benedetta di così non poteva essere, la verdura che trovavi nella sua bottega di via Leone XIII. Per di più se ne poteva acquistare già belloché bollita. A quei ragazzi che andavano a caccia di ranocchi lungo il tratto di Tirna che costeggiava l' ortàia veniva spesso la tentazione di andare a sgraffignare carote o attaccarsi gli alberi da frutto che guarnivano quel piccolo Eden, ma erano subito dissuasi dalla "onnipresente Céca" curva lungo i filari a raccogliere le insalate e la lattuga nell'ampio grembiale. "Cosa ghet de' pront?" ed il Doro rispondeva alle massaie a secondo dei giorni della settimana: i bròcole, oppure i spinàshe o i raeviede, i cornasei, tutte verdure che risultavano ottimi contorni a due o tre fette di salame nostrano, che si preferiva mangiare per cena. Il Doro pesava le cipolle e le patate mettendole sul piatto della bilancia "Berchel" e poi avvolgeva il tutto nella carta sögarina azzurra e consegnava il cartoccio dopo aver scritto col lapis l'importo della spesa "quarantasic franc in töt". "Grasie Doro marca zò söl liber". Tutte le botteghe di alimentari offrivano quella forma dilazionata di pagamento che dava non pochi grattacapi alle famiglie allorquando dovevano saldare il conto a fine del mese. Non molto diverso da quanto succede al giorno d'oggi, osserverà qualcuno. Alzate Isidoro era stato un combattente della prima guerra mondiale.
Coscritto di mons. Pietro Biennati, erano stati negli ultimi anni della loro vita amici sinceri.




Sopra - Il Doro con il nipote nei primi anni cinquanta dello scorso secolo

In alto a destra - Il Doro in un momento di pausa nell'ORTAIA

Sotto - Con la pipa in bocca sul sagrato della chiesa





Quando le forze consentivano al nonno arciprete di camminare col suo bastone fino alla soglia della sua bottega di fruttivendolo di via Leone XIII, non era infrequente vedere Il Doro andare incontro al suo coetaneo, preceduto dal bisbiglio della gente della contrada. Scena commovente osservare i due vegliardi che, portando quasi un secolo ciascuno sulle spalle, si incontravano, si salutavano, dandosi la mano e soffermarsi dimentichi di tutto, a dispetto della diversa estrazione sociale e culturale. Magari senza dirsi nulla, erano contenti solo di vedersi, (erano in assoluto i più anziani del paese) ricordando solo i tempi andati, e poi di nuovo risalutarsi; scambiandosi una stretta di mano mentre con l'altra ben salda sul rispettivo bastone al quale si appoggiavano tremanti. (...a'rieediff sciur asiprett...) diceva Isidoro (ciao! Doro ciao... an’sa ett! ). Ed il nonno arciprete riprendeva il cammino a ritroso per via Dante e per via Giovanni XXIII su fino alla casa che lo ha veduto ospite fino al giugno 1981, anno della sua morte. Questo era Telgate, tanti anni fa, colla sua gente quando era ancora interamente dedita all'agricoltura.


Il cronista parrocchiale



(dall’inserto dell’angelo in Famiglia n.7 di agosto settembre 2005)