L'anniversario
della
dedicazione della chiesa
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La commemorazione della dedicazione della nostra chiesa, indetta dal decreto episcopale per la quarta domenica di ottobre di ogni anno, trovò un grosso ostacolo alla sua celebrazione quando in tale domenica venne introdotta nel 1925 la festa di Cristo Re. Tale festa, che da noi è pure una delle giornate dedicate al S. Crocifisso, era considerata prevalente su ogni altra ricorrenza, per cui la celebrazione della dedicazione venne spostata al 12 ottobre, giorno in cui nella Chiesa di Bergamo si celebra l’anniversario della dedicazione nelle chiese delle quali non se ne conosce la data. Con la riforma del calendario liturgico, portata ad altra domenica la festa di Cristo Re, è possibile celebrare l’anniversario della dedicazione nella sua data originale. Qualche chierichetto dei primi anni cinquanta (adesso dovrebbe avere quasi sessant’anni ) ricorderà certamente che durante i giorni feriali alla messa delle otto del mattino di un qualunque giorno di ottobre comparivano sotto le croci greche delle dodici lesene maggiori della chiesa altrettante candele accese in braccioli appositamente predisposti. Quelle dodici croci (ci sono tutt’ora) sono ricche di significato. Ricordano il punto dove la chiesa è stata segnata con l’unzione del crisma nel giorno della dedicazione per essere riservata al Signore ne alla celebrazione dei divini misteri. Ricordano anche che noi siamo pietre vive, edificati come tempio del Dio vivente sul fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare, che dà stabilità a tutto l’edificio, lo stesso Cristo Signore. Il numero dodici richiama la totalità del popolo di Dio attorno al suo Signore presente sull’altare nel sacrificio della nuova ed eterna Alleanza, che è l’Eucaristia; è segno di universalità, di cattolicità. È richiamo anche, con i lumi accesi vicino, alla fede degli Apostoli sulla quale la Chiesa si edifica come casa del Signore, suo Corpo mistico, che ne prolunga la presenza e l’azione che salva nel tempo e nello spazio. È il linguaggio della liturgia, forse in parte dimenticato, ma che merita di essere imparato per coglierne la sorprendente ricchezza carica di mistero e di grazia.
don Tarcisio
(dal Notiziario Parrocchiale di ottobre 2000) |